Enrico Barsanti
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Le radiazioni ionizzanti.
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Come valutare gli effetti delle radiazioni
Se vogliamo valutare adeguatamente gli effetti delle radiazioni sull'organismo, occorre considerare i seguenti tre fattori fondamentali:
la dose della radiazione in rapporto al tempo di esposizione;
la fonte d'irradiazione (se esterna o interna all'organismo);
la sensibilità specifica dei tessuti.
In particolare, bisogna notare che se le radiazioni colpiscono un aggregato di cellule dello stesso tipo, non tutte le cellule vengono colpite e non tutte le cellule colpite vengono distrutte. Infatti nelle cellule sono presenti punti più o meno sensibili alle radiazioni e il numero di questi punti sensibili che vengono colpiti dipende da fattori di probabilità. La probabilità di fare danni aumenta quindi proporzionalmente alla dose di radiazioni che colpiscono l'aggregato di cellule e alla sua durata. Inoltre, se i danni sono pochi, gli organismi sono in grado di ripararli, se sono molti, invece, diventano permanenti, come accade con dosi superiori a 100 rem. Quando una radiazione ionizzante attraversa una cellula, questa può morire, e si tratta del danno minore, ma se la ionizzazione delle molecole di acqua della cellula rompe il DNA, si possono avere mutazioni che portano a degenerazioni cancerogene.
Bisogna distinguere tra grado di esposizione alle radiazioni e dose assorbita. Quello che conta in definitiva per i danni provocati, almeno entro certi limiti, è la dose assorbita. Ad es. un valore 100 di esposizione per un'ora è equivalente a un valore 50 per due ore. La dose assorbita è la stessa. |
Radiosensibilità
Gli organi del corpo non sono tutti sensibili e vulnerabili in egual misura. Le cellule più sensibili sono quelle riproduttive. Risultano inoltre molto radiosensibili il tessuto linfatico, il midollo osseo e le lenti cristalline degli occhi. Le cellule del tessuto muscolare, del tessuto osseo e le cartilagini sono invece le più resistenti. Il tessuto nervoso è resistente sul piano morfologico, ma sensibile su quello funzionale.
Sindrome generale da radiazioni
I sintomi tipici più appariscenti che si manifestano in caso di esposizione prolungata a forti dosi di radiazioni sono contraddistinti da un malessere generale accompagnato da vomito, nausea, cefalea e diarrea.
Il cosiddetto "male da raggi", dovuto a un'irradiazione con dose intorno ai 400 röntgen (ritenuta semiletale) e tristemente noto dopo le esplosioni nucleari in Giappone alla fine della II guerra mondiale, si manifesta nel tempo con i seguenti sintomi:
nelle prime 24 ore compaiono i sintomi tipici più appariscenti (malessere, nausea, cefalea, disturbi intestinali);
nella settimana successiva i sintomi più appariscenti scompaiono, ma gli effetti dell'irradiazione continuano con la distruzione delle cellule riproduttive del sangue, considerata la causa della maggior parte dei decessi nelle settimane successive;
dopo 7-10 giorni, detto "periodo di tregua", si hanno ulcerazioni ed emorragie;
nella quarta-sesta settimana può sopravvenire la morte, generalmente provocata da setticemia.
Coloro che, superando la fase critica, riescono a guarire, negli anni successivi possono contrarre leucemie e tumori. È stato osservato, al riguardo, che la vita media delle popolazioni colpite da forti dosi di radiazioni si abbassa in misura rilevante, e che, inoltre, anche a distanza di molti anni, possono comparire mutazioni genetiche, che riguardano le persone direttamente colpite e i loro discendenti. I danni sperimentati sulle mutazioni genetiche riguardano comunque radiazioni dell'ordine di centinaia e migliaia di rem.
Dose massima assorbibile
Occorre aver chiaro il concetto di dose massima assorbibile (DMA), che è relativo al tempo di esposizione e deve tener conto della radioattività naturale.
La DMA totale di radioattività che possiamo assorbire in un anno senza conseguenze è di circa 500 millirem, che equivale a una dose di assorbimento continuo di 0,057 millirem/h. Le radiazioni di fondo hanno un'intensità che non supera in genere i 126 millirem all'anno, che equivale a 0,014 millirem/h. Ciò significa che per un certo tempo possiamo assorbire anche dosi ben maggiori (senza però esagerare) degli 0,057 millirem/h, purché l'assorbimento annuale non superi 500 millirem. Si noti, ad esempio, che durante una radiografia si assorbono, per una frazione di secondo, dai 50 ai 120 millirem. Bastano però cinque radiografie in un anno per farci superare la DMA annuale.
Note pratiche sulle unità di misura in rapporto alla DMA
Per quanto riguarda le misure fatte in CURIE, unità che viene usata per misurare il livello di attività dei radioisotopi (non per misurare la quantità di irradiazione), occorre tenere conto delle seguenti dosi di pericolo:
Dosi di pericolo e di attenzione |
||
Rilevamento in: |
Pericolo |
Attenzione |
1 mc d'aria | 35 nanoCi |
2 nanoCi |
1 Kg di vegetali | 150 nanoCi |
100 nanoCi |
1 litro di latte | 150 nanoCi |
15 nanoCi |
1 Kg di carni | 150 nanoCi |
50 nanoCi |
1 mq di terreno | 3000 nanoCi |
700 nanoCi |
Accumulo massimo nel corpo: 6000-7000 nanoCi all'anno.
Per la dose di esposizione, che si misura in RÖNTGEN, la dose massima che un essere umano può accumulare senza gravi conseguenze è di 0,07-0,08 mR/h, cioè 600-700 mR in un anno. La radioattività naturale è di circa 0,02 mR/h (176 mR all'anno).
I rem (röntgen equivalent man) si usano per indicare la quantità
di energia assorbita dagli esseri organici.
1 millirem = 1,14 mR/h
1 mR/h = 0,877 millirem
I rad (radiation absorbed dose) si usano per indicare l'assorbimento di
radiazioni da parte di sostanze inorganiche.
1 millirad = 0,877 millirem
1 millirad = 1,14 mR/h
Le misure fatte in Gray, che sostituiscono sia i rem che i rad, e quindi
rilevabili con un contatore Geiger, hanno le seguenti equivalenze:
1 microGray/h = 0,115 mR/h
1 mR/h = 8,69 microGray/h
Le misure fatte in becquerel, al posto del curie, hanno le seguenti equivalenze:
1 Bq = 1/37 nanoCi
1 nanoCi = 37 Bq