Enrico Barsanti
Capitolo VI
IL PROBLEMA DEL RILEVAMENTO INFORMATIVO DEI
DATI
Di per sé il solo rilevamento delle variazioni locali del campo magnetico
terrestre, specialmente in area epicentrale, non presenta difficoltà
tecniche e non richiede particolari o sofisticate attrezzature, a parte l'impiego
di un apposito variometro.
Utilizzando due di questi rilevatori, distanti reciprocamente una diecina
di chilometri, si ha già l'opportunità di individuare quasi
tutti i disturbi di origine antropica e, quindi, di isolare convenientemente
l'effetto sismomagnetico, disponendo così della possibilità
di una previsione utile e abbastanza affidabile dei terremoti.
Soddisfare, invece, la terza componente fondamentale della previsione, cioè
la completezza, aumentando nello stesso tempo il grado di sicurezza, comporta
la soluzione del problema tecnico di come rilevare, continuamente e
contemporaneamente in più luoghi, le variazioni di un'intera area
e di come interpretarle ai fini dell'individuazione della zona epicentrale
e della determinazione della magnitudo del sisma imminente.
Nel suo insieme, il problema è complesso per i seguenti due aspetti:
Per superare il primo aspetto, si rende necessario utilizzare una rete di
rilevatori automatici, collegati tramite radio o linea telefonica a un apposito
centro di elaborazione dei dati.
Tenendo presente, allora, l'immagine del cartoncino e della calamita, di
cui si è parlato nel capitolo precedente, la soluzione del secondo
aspetto, e quindi della parte restante di tutto il problema, sembrerebbe
quella di esplorare l'intera area sotto controllo per costruire una mappa
delle linee di campo indicante la sorgente delle variazioni e la loro
ampiezza.
In linea di massima questa è la soluzione più intuitiva, ma
tracciare una mappa da pochi dati isolati è molto difficile, se non
impossibile, e richiederebbe una fitta rete di rilevatori che, tecnicamente,
presenta molte difficoltà di attuazione; inoltre il problema del
rilevamento delle variazioni legate a sismi imminenti è assai più
complesso di quanto si possa intendere dall'esempio del cartoncino e della
calamita, a causa delle anomalie locali che si vengono a modificare o a creare
in relazione al nuovo campo magnetico e che sono dovute alla diversa
suscettività magnetica delle rocce nei vari luoghi di rilevamento.
Infatti le rocce, sotto l'effetto dei campi magnetici, come quello generatosi
in zona focale, non si magnetizzano tutte nello stesso modo, e ciò
provoca delle irregolarità più o meno accentuate nei rilevamenti,
rendendo impossibile distinguere fino a che punto le variazioni di direzione
e di ampiezza registrate dipendano direttamente dallo stato di stress delle
rocce focali o dai suoi effetti sulla suscettività delle rocce dei
luoghi di rilevamento.
In generale, a parità di sorgente, l'anomalia generatasi cambia di
forma a seconda del luogo e del modo con cui viene rilevata.
Difficoltà dovute alla suscettività delle rocce
Per quanto riguarda il rapporto tra la magnetizzazione delle rocce e le
variazioni del campo geomagnetico legate a sismi imminenti, le difficoltà
si possono riassumere nei seguenti punti:
1 - A causa della diversa suscettività magnetica delle varie rocce
(sia quelle situate in zona focale che nei luoghi di rilevamento), non può
essere inferita alcuna mappa delle linee di forza complessive dal rilevamento
di qualcuna di esse, perché il loro sviluppo potrebbe risultare troppo
distante da ciò che ci si aspetterebbe in teoria. Inoltre non è
dato di conoscere, a priori, nessun tipo di variazione legata a una sorgente
(zona focale) piuttosto che a un'altra, come si potrebbe invece supporre
dall' immagine del cartoncino e della calamita, dove la variazione delle
linee di forza rispetto alla direzione Nord-Sud presenta delle caratteristiche
ovvie ed estrapolabili. Infatti, solo nella immagine, non subendo le particolari
variazioni provocate dalla calamita alcuna influenza dalla specifica zona
di cartoncino interessata, è possibile in linea teorica risalire alla
sorgente delle variazioni prelevando alcuni dati e prendendo in considerazione
le curve che le linee di campo assumono nei vari posti di rilevamento.
2 - Allo stato attuale della ricerca sui fenomeni sismomagnetici, non esistono
dati rilevati in ampie aree da indagini "a tappeto" e continuative, e non
si conoscono bene, quindi, le caratteristiche delle variazioni sismomagnetiche
nelle numerose zone sismiche della Terra. Un qualsiasi tipo di monitoraggio
in questo specifico settore comporterebbe una registrazione capillare e continua
dei dati, che invece non è mai stata fatta. Fanno eccezione, ma solo
in parte, la California meridionale, dove esiste una rete di monitoraggio
del campo totale (Johnston & Mueller, 1987), e una vasta area del Sud
Pacifico, troppo estesa rispetto al numero dei rilevatori impiegati (Gladwin,
1985). Né, a questo riguardo, sono di aiuto le varie reti magnetiche
nazionali. Ad esempio, per quanto concerne la Rete Magnetica Italiana, curata
dall'Istituto Nazionale di Geofisica e dall'Istituto Geografico Militare
di Firenze, le stazioni di rilevamento sono ben 2252, istituite, però,
con finalità assai diverse e utilizzate saltuariamente, solo in occasioni
particolari (come per la composizione della Carta Magnetica d'Italia, quando,
per tale scopo, pochi strumenti passano da una stazione all'altra per dei
rilevamenti discontinui che poi vengono ricalcolati per una stessa data,
come se i valori fossero stati presi contemporaneamente). I rilevatori usati,
del resto, sono a induzione elettromagnetica con bobina rivelatrice (magnetometri
"G.S.I." da campagna) che richiedono misurazioni manuali e non possono dare
una lettura continua e automatica degli elementi del campo geomagnetico.
Come monitoraggio continuo, in tutta l'Italia, l'Istituto Nazionale di Geofisica
possiede soltanto tre osservatori magnetici permanenti, quelli di L'Aquila,
di Castel Tesino (TN) e di Gibilmanna (PA).
3 - Anche se i dati sulle variazioni sismomagnetiche fossero noti per una
particolare zona sismica, non si potrebbero applicare ad altre zone e resterebbe,
comunque, da risolvere il problema che ogni singolo luogo di rilevamento
presenta le proprie caratteristiche di suscettività magnetica. Rikitake
(1976) riferisce che, a volte, uno spostamento del luogo di misurazione anche
di pochi centimetri può comportare valori di rilevamento molto diversi.
SOLUZIONE DEL PROBLEMA DEL RILEVAMENTO
INFORMATIVO
La soluzione dell'adeguato rilevamento delle variazioni non risiede nell'istituzione di una fitta rete di rilevatori e nella complicata costruzione di una mappa delle linee di forza, che resterebbe in ogni caso di arduo significato, ma in un modo opportuno di lettura e di collocazione dei variometri, che permetta:
Vi è in effetti la possibilità di localizzare la sorgente delle
variazioni, e di valutarne la forza magnetica, con un numero limitato di
variometri e senza ricorrere a una interpretazione teorica dei dati. Il punto
di base è che, pur non conoscendo a priori il comportamento delle
variazioni, in ogni caso le variazioni sismomagnetiche rilevate devono avere
caratteristiche di direzione e di ampiezza dipendenti dal luogo della sorgente
e dalla sua forza magnetica. Così se non è possibile risalire
alla sorgente interpretando le variazioni rilevate, si deve almeno poterlo
fare constatando quali fenomeni seguono un certo tipo di variazioni.
La soluzione, allora, si sposta dalla difficile o impossibile interpretazione
"a priori", verso la più semplice e funzionale associazione "a posteriori"
delle variazioni con i terremoti verificatisi. È sufficiente, quindi,
aspettare che un terremoto si verifichi per associare le variazioni rilevate
allo stato di stress della sua zona focale. Questa associazione, per gli
stessi luoghi di rilevamento e per la stessa zona focale, rimarrà
valida nel futuro per quei terremoti che si presenteranno nei medesimi luoghi,
dal momento che resteranno costanti tutte le anomalie crostali. Essa
fornirà, quindi, l'opportunità di prevedere i terremoti
in modo completo ogni volta che si presenteranno le medesime variazioni del
campo geomagnetico, come spiegato nei paragrafi successivi.
La lettura delle variazioni
Tenendo presenti le caratteristiche generali rilevabili delle variazioni,
valgono i seguenti due punti:
Configurazioni
Considerando le variazioni nel loro insieme, essendo misurate in più
luoghi, le loro caratteristiche delineano una configurazione e un'ampiezza
globale relativa così definite:
Note sulle configurazioni
1) Per "durata della configurazione" si intende il tempo intercorrente
dall'inizio delle variazioni oltre un certo valore di soglia e il rientro
delle variazioni nei valori normali. È sufficiente, per un primo e
parziale isolamento dell'effetto sismomagnetico, che le variazioni siano
rilevate con almeno due variometri situati in luoghi diversi.
2) Il valore di soglia, che è variabile da zona a zona, è
caratteristico di ciascun variometro e dipende dal suo luogo di collocazione.
Esso è dato dalla registrazione e dall'aggiornamento di tutte le
variazioni in un verso e nell'altro, con esclusione di eventuali picchi
improvvisi. Qualche giorno di rilevamenti è sufficiente per stabilire
un ragionevole valore di soglia. Trattandosi comunque di variazioni della
direzione del vettore campo, che normalmente possono essere più o
meno periodiche e prolungate, la soglia è individuata in un arco di
tempo sufficientemente lungo da assicurare una buona media, ma abbastanza
vicino da tener conto di lente variazioni dovute a effetti collaterali in
corso. In pratica è valida, come punto di riferimento, la media dei
valori dell'ultima settimana, anche in questo caso con esclusione dei picchi
improvvisi.
Regola della reiterazione dei rilevamenti e delle
associazioni
Se una configurazione viene rilevata e in seguito si verifica un terremoto,
quella configurazione e la sua grandezza dovranno essere associate alla zona
focale e alla magnitudo del terremoto verificatosi. Infatti l'associazione
tra configurazioni rilevate e terremoti verificatisi resterà valida
in futuro, se non varieranno le modalità di rilevamento. Così,
quando la stessa configurazione si ripresenterà, sarà possibile
associarla in anticipo alla medesima zona focale, e la sua grandezza sarà
indicativa della grandezza del sisma imminente, permettendone una previsione
completa. Dopo pochi anni, essendo i terremoti "leggeri" molto frequenti,
si potranno conoscere le configurazioni associate permanentemente con le
relative zone focali.
La ripetizione dell'associazione tra configurazioni e terremoti è
un fatto fondamentale per superare i problemi di interpretazione delle singole
variazioni.
Costanza locale dei rilevamenti e dei riferimenti
Per rendere operativa la reiterazione dei rilevamenti, con la conseguente
associazione delle configurazioni ai terremoti, i variometri devono essere
mantenuti sempre nello stesso posto e i dati rilevati devono essere considerati
validi solo per le zone focali a cui si riferiscono. Con questa regola, vengono
a presentarsi come variabili soltanto i dati riguardanti le variazioni del
campo geomagnetico e i terremoti, mentre si presentano come costanti le
caratteristiche magnetiche e geologiche dei luoghi in cui sono collocati
i rilevatori, della parte di litosfera interessata e delle zone focali.
Così l'associazione tra configurazioni e terremoti, per gli stessi
luoghi di rilevamento e per la stessa zona focale, resterà valida
per il futuro.
Note sulla costanza delle associazioni
Ogni zona focale genera di sicuro una configurazione che resterà sempre
la stessa anche in futuro, in quanto da una volta all'altra non varieranno:
1 - le caratteristiche magnetiche di base delle rocce focali;
2 - la distanza della zona focale rispetto ai luoghi di rilevamento;
3 - le caratteristiche delle rocce che compongono la parte di litosfera che
separa la zona focale dai luoghi di rilevamento;
4 - le caratteristiche delle rocce dei luoghi di rilevamento.
Le uniche varianti possono essere soltanto il volume e lo stress focali,
che determineranno una variazione della grandezza della configurazione, ma
non della configurazione stessa.
Ogni zona focale, inoltre, determina un'unica e propria configurazione
perché solo zone focali diverse, che hanno tra loro differenze riguardanti
le coordinate del luogo e differenze riguardanti almeno uno dei quattro punti
precedenti, possono generare configurazioni diverse.
Perché valga anche il reciproco, e cioè che a ogni singola
configurazione corrisponda una sola zona focale, è necessario però
che il sistema di rilevamento permetta di rilevare un numero elevato di
configurazioni possibili rispetto al numero delle zone focali presenti nella
zona sotto controllo e in quelle limitrofe.
Figure di rilevamento
Per semplificare il rilevamento e rendere funzionale l'informazione dei dati
rilevati è sufficiente utilizzare un certo numero di variometri, situati
nell'area da tenere sotto controllo, collocati secondo delle figure di
disposizione che assicurino la maggiore esplorazione e uniformità
di rilevamento possibili con il minor numero di strumenti, senza creare dei
vuoti angolari che facciano perdere il dettaglio dell'intera area. I variometri
devono essere sufficientemente vicini da risentire dello stesso effetto
sismomagnetico, ma abbastanza lontani da rilevare sostanziali differenze
legate alla posizione della sorgente. Le figure di disposizione dei rilevatori
costituiscono così la base per l'acquisizione dei dati utili alla
previsione.
Numero dei rilevatori
Il numero dei rilevatori necessario dipende dalla quantità possibile
delle configurazioni rilevabili complessivamente e dall'estensione dell'area
sotto controllo. Per un rilevamento efficace delle variazioni di direzione
devono, inoltre, essere prese in considerazione, contemporaneamente per ogni
luogo, sia la declinazione che l'inclinazione magnetiche.
In pratica, i terremoti possono essere previsti in modo utile, sicuro e completo
rilevando, contemporaneamente in una zona sufficientemente vasta, le variazioni
del campo geomagnetico con un numero di variometri tale da ottenere delle
configurazioni significative e uniche per ciascuna zona focale. Appena dieci
variometri, a gruppi di due, contenenti ciascun gruppo un variometro della
declinazione e un variometro dell'inclinazione, permettono il rilevamento
di oltre 3,7 miliardi di configurazioni possibili 210 · 10!.
In generale, con n rilevatori, ed escludendo il caso (poco probabile) che
qualcuno di essi non rilevi alcuna variazione, il numero delle diverse
configurazioni rilevabili teoricamente è 2n · n!.
Regola di base delle figure di rilevamento
Le variazioni delle linee di campo che si vengono a determinare da due zone
focali sono tra loro diverse, e dipende pertanto dal numero e dalla distanza
reciproca dei rilevatori cogliere questa differenza. Generalmente, in una
stessa area sotto controllo, sono poche le zone focali interessate, e non
è necessario un numero elevato di rilevatori, anche considerando quelle
distanti qualche centinaia di chilometri dall'area sotto controllo diretto
e che fanno lo stesso sentire la loro influenza sul campo geomagnetico locale.
Se il numero dei rilevatori è tale da consentire il rilevamento di
molte configurazioni diverse, e se tali rilevatori sono disposti a qualche
decina di chilometri di distanza, non c'è la possibilità di
confondere una zona epicentrale con un'altra. In ogni caso, sarà sempre
l'esperienza dei rilevamenti a indicare il giusto numero dei rilevatori secondo
la zona da tenere sotto controllo.
Le figure di disposizione dei rilevatori possono essere viste secondo un
certo ordine. Una prima figura, che offra garanzie elevate in una zona estesa
fino a mille o duemila chilometri quadrati, è quella che si ottiene
collocando i rilevatori ai vertici di un quadrato con circa 20 chilometri
di lato, più una coppia di rilevatori al centro. Per mantenere
l'uniformità di esplorazione, in un'area sotto controllo più
estesa, senza perderne il dettaglio, una seconda figura si ottiene incrociando
due quadrati, il primo con 20 chilometri di lato e il secondo con lato uguale
alla diagonale del primo quadrato. Aggiungendo sempre un quadrato più
grande con i lati passanti per i vertici dell'ultimo quadrato (con il lato
uguale alla diagonale del precedente), si può ingrandire di molto
l'area da tenere sotto controllo, senza perdere i dettagli. I rilevatori,
a gruppi di due, si devono intendere disposti ai vertici dei quadrati, più
un gruppo al centro. Nella maggior parte dei casi, almeno entro certi limiti,
è possibile, però, usare una disposizione della prima figura,
aumentando la lunghezza del lato, senza perdere il dettaglio. Ogni zona,
però, ha le sue caratteristiche e ogni soluzione di disposizione deve
essere fatta secondo i casi: difficilmente le figure geometriche potranno
essere rispettate pienamente.
Esempio di rilevamento di una
configurazione
Disponendo cinque unità di rilevamento delle variazioni della sola
declinazione (si tratta di un esempio) su due assi ortogonali, in modo che
la distanza tra le unità contigue sia di circa 15 chilometri, si verrebbe
ad avere una FIGURA come la seguente:
o 1
o F
o 4 o 5 o 2
o G
o 3
essendo 1-5-3 la direzione N-S e 2-5-4 quella E-O (F e G sono due luoghi).
Supponendo che, a partire da un certo momento e per un certo periodo, si
registrino in almeno due unità (ad esempio la 1, e la 2) delle variazioni
superiori ai normali livelli di variazione per quelle unità, e che,
in particolare, come valori massimi in tutta la fase, l'unità 2 rilevi
una variazione di 0,9 gradi verso O, la 1 di 0,8 gradi verso E, la 5 di 0,4
gradi verso O, la 4 di 0,3 gradi verso E e la 3, infine, di 0,2 gradi ancora
verso E, la configurazione che si viene a delineare è del tipo:
2O-1E-5O-4E-3E, con una grandezza di (0,9 + 0,8 + 0,4 + 0,3 + 0,2) / 5 =
0,52 gradi.
L'ordine 2, 1, 5, 4 e 3 riguarda l'ordine delle ampiezze e indica che la
variazione maggiore si è avuta a partire dall'unità 2, poi
sempre meno fino all'unità 3. Gli attributi E e O indicano il verso
della variazione che, trattandosi in questo caso di rilevatori della
declinazione, può essere verso Est o verso Ovest, rispetto alla posizione
di quiete.
Se la sorgente delle variazioni si trova nel punto F, vicino ai variometri
1 e 2, in direzione Nord-Est dal centro della zona sotto controllo, questa
particolare ubicazione è la causa che determina il verso e l'ampiezza
di direzione rilevati con ciascun variometro.
Complessivamente, quindi, i variometri assumono una determinata configurazione.
La grandezza della configurazione dipende dall'intensità di
magnetizzazione nel punto F. Così, se la magnetizzazione in F aumenta,
non varia la configurazione, perché non variano i versi delle variazioni
rilevate con ciascun variometro né l'ordine delle ampiezze relative;
ciò che varia è l'ampiezza assoluta delle variazioni rilevate
con ciascun variometro e quindi anche l'ampiezza complessiva della
configurazione, che indicherà, appunto, un aumento della magnetizzazione
nel punto F.
Un'altra zona focale G, in direzione Sud-Est, vicina ai variometri 2 e 3,
darebbe luogo a una configurazione diversa, sia per i versi delle variazioni
rilevate da ciascun variometro, sia per l'ordine delle ampiezze relative.
Ciò accade perché il numero delle configurazioni possibili
è elevatissimo, mentre il numero delle possibili zone focali nell'area
sotto controllo e in quelle vicine è relativamente molto basso.
Si rivela quindi inutile, per acquisire una maggiore sicurezza, l'introduzione
di più severe restrizioni nella considerazione delle configurazioni,
come lo stabilire un rapporto diverso tra le variazioni di ampiezza di ciascun
variometro.