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Enrico Barsanti

LA PREVISIONE
DEI
TERREMOTI

Capitolo I


INTRODUZIONE E SOMMARIO


Indice del Capitolo I




PRESENTAZIONE

La possibilità di prevedere i terremoti, in modo deterministico e in tempi utili, è attualmente limitata alla sola individuazione dei precursori, cioè di quei fenomeni che sono connessi direttamente alle cause immediate dei terremoti. Ad esempio, lo sforzo a cui sono sottoposte le rocce, prima che si verifichi una scarica sismica, provoca in esse alterazioni delle proprietà fisiche che, se opportunamente individuate, costituiscono dei precursori a breve termine.
Tra queste alterazioni sono molto importanti e significative quelle elettriche e magnetiche perché, per gli effetti che producono sul campo magnetico terrestre, possono consentire l'elaborazione di una previsione non solo utile in termini di tempo, ma anche sicura e completa, in dipendenza dallo stato della tecnica raggiunto in questo settore.

Il presente lavoro tratta di un metodo e di una macchina (brevettata) che lo applica integralmente.

Il metodo è basato sulle variazioni del campo magnetico terrestre che sono in relazione con i terremoti, e riguarda principalmente il modo di rilevamento e di interpretazione di tali variazioni, volendo risolvere i seguenti problemi:



La macchina, che può funzionare in modo automatico e che è in grado di imparare, concretizza il metodo e lo rende attuabile, avendo lo scopo di fornire valide previsioni dei terremoti e di superare difficoltà di rilevamento e interpretazione dei dati ritenute finora irrisolvibili. Essa è costituita da tre parti generali:



Nel lavoro si trovano anche argomenti riguardanti:

  1. informazioni in merito ai tentativi di previsione fino ad oggi compiuti;
  2. informazioni di base sul rapporto tra rocce, terremoti e fenomeni magnetici;
  3. spiegazioni sulla relazione tra variazioni del campo geomagnetico e terremoti;
  4. nozioni fondamentali sulla misurazione del magnetismo terrestre e sulle caratteristiche rilevabili delle variazioni geomagnetiche;
  5. spiegazione della teoria e delle tecniche riguardanti il metodo;
  6. descrizione della struttura e del funzionamento della macchina.


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OSSERVAZIONE

Le ricerche sui fenomeni geomagnetici per la previsione dei terremoti (soprattutto giapponesi, iniziate verso la metà degli anni Sessanta) non hanno dato finora esiti soddisfacenti. Dalla letteratura disponibile (Rikitake, 1976, 1981, 1982, 1987 - Johnston e Mueller, 1987), risultano però evidenti, a mio avviso, i caratteri di incompiutezza dei suddetti studi ed esperimenti, sia per il tipo di strumenti utilizzati nel rilevamento dei dati, sia per gli elementi del campo geomagnetico scelti nel monitoraggio, sia per la discontinuità spaziale e/o temporale dei rilevamenti, sia per il numero di magnetometri utilizzati, sia per il modo con cui i dati raccolti sono stati interpretati. Dagli studi fatti in Giappone e negli Stati Uniti d'America, comunque, pur essendo emerse molte difficoltà, non sono però stati dedotti dei risultati definitivi tali da escludere ulteriori ricerche.
Il metodo esposto in questo lavoro presenta contenuti nuovi e originali che, una volta confermati su più ampia scala, potrebbero contribuire in modo significativo alle ricerche sulla previsione dei terremoti. Le novità salienti consistono nel rilevamento diretto di componenti non rilevate con monitoraggio continuo nelle ricerche fatte finora, utilizzando appositi strumenti, e nella rinuncia a una qualsiasi interpretazione "umana" e "razionale" delle variazioni rilevate a favore di un procedimento automatico e "a posteriori" di associazione dei dati con i fenomeni correlati, che le più moderne tecnologie informatiche consentono a costi, relativamente, molto bassi.

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SOMMARIO

Lo stato delle ricerche
Tra le linee seguite nelle ricerche sulla previsione dei terremoti vi sono:

  1. la ricerca delle cause endogene,
  2. l'interpretazione matematica dei fenomeni,
  3. lo studio dei precursori,
  4. la combinazione degli indizi di previsione.

Di tutte, la più vicina a una previsione deterministica è lo studio dei precursori, ma un precursore valido e attendibile dovrebbe sempre manifestarsi prima dei terremoti, in modo apprezzabile e in tempo utile per predisporre misure d'emergenza. Inoltre dovrebbe avere caratteristiche tali da essere distinto dai disturbi e da fornire informazioni specifiche sul terremoto imminente.
Tra i precursori, ci sono anche le variazioni geomagnetiche, la cui scoperta in relazione ai terremoti risale ad alcuni secoli fa. Una spiegazione scientifica di questo precursore è stata fornita solo negli anni Cinquanta, quando il fenomeno fu associato alle proprietà piezomagnetiche delle rocce, ma serie difficoltà si sono incontrate soprattutto nel distinguere le variazioni legate all'attività sismica dai disturbi di origine naturale e umana (rumore di fondo). Così, mentre ancora si discute sulla validità di questo precursore, non vengono neppure intraviste le sue variabili interpretative e/o associative ai fini di una previsione valida, che dovrebbe indicare un arco di tempo utile e dovrebbe essere sicura e completa, cioè con indicazioni attendibili sulla zona epicentrale e la magnitudo del sisma.

Rocce e terremoti
Le rocce, sotto le spinte tettoniche, riescono a deformarsi fino a un certo punto, avendo una limitata elasticità, quindi si rompono (zona focale), provocando quelle piccolissime, ma temute, vibrazioni della crosta terrestre che sono i terremoti.
La quantità di energia sismica che un terremoto può sprigionare dipende dalla quantità di energia di deformazione accumulata in zona focale. Maggiori sono lo stress e il volume focali, maggiore è l'energia accumulata e, quindi, maggiore sarà, a parità di altre condizioni, la grandezza del terremoto al momento di rottura.
La natura geologica delle rocce e la loro conformazione si presentano come parametri fondamentali nel rapporto tra energia accumulata, da una parte, e stress e volume focali, dall'altra, con le relative conseguenze sulla forza di un terremoto. Anche la propagazione delle onde sismiche risente del tipo e della conformazione delle rocce attraversate e, in base alla natura geologica dei luoghi raggiunti, esse si manifestano con maggiore o minore ampiezza e accelerazione.
Il fatto che la forza di un terremoto si manifesti in modo dipendente dalla natura geologica dei luoghi, rende più complessa la determinazione esatta della sua forza e degli effetti che esso può provocare sulle abitazioni e le costruzioni in genere. Grazie, però, ad alcuni accorgimenti e convenzioni, i sismologi riescono abbastanza bene a determinare la magnitudo di un terremoto e a farsi un'idea della quantità di energia sismica liberata.
Non senza difficoltà è anche l'individuazione dell'epicentro, ma, ai fini della sismologia e anche della previsione, ciò che conta veramente è individuare la zona focale (ipocentro, in senso lato) e considerare a diversa condizione di rischio le varie località sovrastanti (zona epicentrale). Molte aree sismiche del mondo, infatti, sono state suddivise in zone a differente rischio, anche se ugualmente interessate dall'attività della medesima zona focale.

Rocce e magnetismo
Sottoponendo una roccia qualsiasi a un campo magnetico, essa reagisce a seconda della quantità, del tipo e della distribuzione dei minerali che la compongono.
Il parametro fondamentale di magnetizzazione si chiama "suscettività". Tanto maggiore è questo parametro, tanto maggiore è la magnetizzazione, a parità di forza del campo magnetizzante. La suscettività determina altresì il grado di permeabilità di una sostanza, cioè la sua capacità di essere attraversata dal magnetismo, e quindi di acquisire una magnetizzazione indotta.
Le rocce sottoposte a variazioni di pressione possono generare dei campi magnetici apprezzabili a causa dell'azione meccanica sui dipoli elementari o dell'aumento della suscettività in presenza di un campo magnetizzante come quello geomagnetico. La magnetizzazione diminuisce nella direzione della compressione, mentre aumenta nella direzione perpendicolare a quella della compressione (Anisotropia magnetica).
È stato constatato empiricamente che esiste una corrispondenza tra variazioni geomagnetiche e fenomeni di dilatanza delle rocce dovuti alle forze tettoniche. Questo tipo di variazioni, che Nagata (1969) chiamò tettonomagnetiche, è ampiamente indicativo della relazione esistente tra variazioni del campo geomagnetico, effetto piezomagnetico e stress delle rocce. Il tettonomagnetismo, però, è un insieme di fenomeni generali, non legati necessariamente all'attività sismica. Essi rientrano, il più delle volte, in quei tipi di precursori a lenta evoluzione che non sono utili ai fini di una previsione valida dei terremoti.
Un'altra cosa, invece, è quando le rocce si stanno per frantumare prima del terremoto e gli atomi che le compongono subiscono gravi alterazioni del loro stato elettromagnetico, favorendo schemi di saturazione, insoliti alle normali pressioni e temperature, che producono variazioni di magnetizzazione di maggior consistenza di quelle dovute al più generale effetto tettonomagnetico. Questa particolarità del tettonomagnetismo prende il nome di sismomagnetismo. A parità di altre condizioni, maggiori sono lo stress e il volume focali, maggiori sono le variazioni sismomagnetiche che si vengono a determinare.

Il campo geomagnetico e le sue variazioni
Un campo magnetico è rappresentabile visivamente con linee di forza a cui è di regola abbinato un vettore. L'unità di misura per l'intensità dei campi magnetici, nel Sistema Internazionale (SI), è il tesla. La declinazione e l'inclinazione si misurano in gradi sessagesimali. Il campo totale F si può scomporre in una componente orizzontale H e in una componente verticale Z. L'inclinazione I, allora, è l'angolo tra F e H, e la declinazione D è l'angolo tra H e il meridiano geografico.
Un tempo la declinazione magnetica si misurava esclusivamente con la bussola di declinazione, l'inclinazione con la bussola di inclinazione e l'intensità si misurava, per lo più indirettamente, determinando la sua componente orizzontale e quella verticale. A partire dagli anni Sessanta, però, negli osservatori magnetici vengono comunemente usati strumenti che misurano direttamente l'intensità assoluta, che è un valore scalare.
Le variazioni del campo geomagnetico, che possiamo rilevare sulla superficie terrestre, sono di due tipi fondamentali:

  1. variazioni generali proprie del campo primario, anche se influenzato da fattori esterni, con modificazione della componente dipolare e della componente non dipolare;
  2. variazioni generali e locali dovute a cause estranee al campo primario, che non modificano il dipolarismo terrestre.

Tra le variazioni proprie del campo primario vi è lo spostamento lento e regolare dei poli magnetici e geomagnetici in lassi di tempo piuttosto lunghi (variazioni secolari).
Tra le variazioni geomagnetiche naturali, estranee al campo primario, si annoverano le anomalie crostali e le perturbazioni magnetiche. Le prime variano, per così dire, secondo lo spazio, e le loro cause sono da attribuirsi alla magnetizzazione delle rocce dei luoghi dove vengono rilevate. Le seconde (cioè le perturbazioni) variano, invece, in base al tempo e riguardano un po' tutta la superficie terrestre. Esse sono sostanzialmente regolari e periodiche, e possono considerarsi in modo indipendente dalla località in cui vengono rilevate. Le loro cause si trovano nella rotazione propria del Sole, nel campo magnetico "galattico", nelle perturbazioni di elettroni e ioni provenienti dal Sole (tempeste magnetiche), ecc.
Indipendentemente dalle loro cause, le caratteristiche delle variazioni del campo magnetico terrestre, in ogni luogo di rilevamento, riguardano il verso della variazione di direzione, l'ampiezza angolare della variazione di direzione e l'ampiezza della variazione d'intensità totale (o delle componenti orizzontale e verticale).

Variazioni sismomagnetiche
Le variazioni del campo magnetico terrestre legate a un sisma imminente sono di origine estranea al campo primario e si differenziano dalle altre fonti naturali di variazioni per possedere, contemporaneamente, la caratteristica di essere limitate sia nello spazio che nel tempo. Pur essendo anch'esse di origine crostale, si distinguono dalle anomalie crostali per la loro limitata presenza temporale, e si distinguono dalle perturbazioni magnetiche per la loro limitata estensione territoriale. In linea teorica, quindi, non ci dovrebbero essere problemi per l'individuazione delle variazioni sismomagnetiche. Da quando, però, si è diffuso il magnetometro a precessione protonica, il monitoraggio continuo del campo geomagnetico viene fatto sui valori dell'intensità totale, che non possono rilevare bene le anomalie magnetiche quando i campi magnetici sono normali al campo ambientale, condizione questa che si verifica anche quando si misurano le variazioni sismomagnetiche in zona epicentrale.
Come i terremoti dipendono nella loro origine dallo stato di stress delle rocce e come la propagazione delle onde sismiche subisce alterazioni dalla natura geologica e dalla consistenza del mezzo attraversato, così anche le variazioni sismomagnetiche dipendono dallo stress delle rocce e subiscono alterazioni dalla suscettività e permeabilità magnetiche dei luoghi in cui vengono rilevate. Le rocce, quindi, costituiscono il trattino d'unione nel legame tra terremoti e variazioni sismomagnetiche.

Come si possono prevedere i terremoti
Le associazioni che in passato sono state notate tra variazioni geomagnetiche e terremoti non erano peregrine. I terremoti, almeno quelli più frequenti e disastrosi, cioè di origine tettonica, sono sempre preceduti da variazioni locali e temporanee del campo magnetico terrestre. Infatti, all'approssimarsi del momento complessivo di rottura che dà origine alla scarica sismica, dovuto al forte stato di pressione e di stiramento delle masse rocciose, si determina in zona focale un'alterazione dello stato elettromagnetico delle rocce interessate, con la conseguente variazione locale del campo magnetico terrestre (variazioni sismomagnetiche).
Le variazioni sismomagnetiche permetterebbero, quindi, se opportunamente rilevate, una previsione utile, perché si originano all'approssimarsi del momento di rottura delle masse rocciose che genera il terremoto, con un'anticipazione che può variare generalmente da uno a dieci giorni, e permetterebbero anche una previsione sicura perché sono legate in modo necessario ai terremoti e si presentano con caratteristiche che sono esclusive di tale legame. Inoltre, le variazioni sismomagnetiche consentirebbero una previsione completa perché, a parità di altre condizioni, la direzione delle linee di forza del campo, rilevate in più luoghi,  forniscono le indicazioni necessarie e sufficienti per l'individuazione della zona epicentrale del sisma imminente e per la determinazione della sua magnitudo. Infatti, la zona epicentrale di un terremoto imminente corrisponde alla zona centrale della parte di superficie terrestre dove si verificano le variazioni sismomagnetiche e la magnitudo di un terremoto imminente, relativamente alla stessa zona epicentrale e alla medesima area di rilevamento, è in stretta relazione con l'ampiezza delle variazioni rilevate.

Tecnica della previsione
Quanto sopra vale in linea teorica, perché occorre risolvere ancora il problema tecnico di come rilevare, continuamente e contemporaneamente in più luoghi, le variazioni di un'intera area e di come interpretare le variazioni rilevate ai fini dell'individuazione della zona epicentrale e della determinazione della magnitudo del sisma imminente.
Per quanto riguarda il problema del rilevamento continuo, la soluzione non sarebbe difficile e basterebbe utilizzare una rete di rilevatori automatici, collegati tramite radio o linee telefoniche a un apposito centro di elaborazione dei dati.
Per quanto riguarda, invece, il complesso rapporto tra la magnetizzazione delle rocce e le variazioni sismomagnetiche, sorgono difficoltà a causa della diversa suscettività magnetica delle varie rocce, che non permette di inferire alcuna mappa delle linee di forza complessive. Allo stato attuale della ricerca non si conoscono le caratteristiche delle variazioni sismomagnetiche nelle numerose zone sismiche della Terra e, anche se i dati sulle variazioni sismomagnetiche fossero noti per una particolare zona sismica, non si potrebbero applicare ad altre zone. Infine, anche se tutti i dati utili fossero conosciuti per tutta la Terra sorgerebbero lo stesso difficoltà interpretative, perché una caratteristica delle anomalie crostali è proprio quella di presentare una lettura dei dati diversa da quella che ci saremmo aspettati.
La soluzione dell'adeguato rilevamento delle variazioni sismomagnetiche risiede, allora, in un modo opportuno di raccolta dei dati e di lettura dei variometri che, nello stesso tempo, semplifichi la loro collocazione e permetta di rendere funzionale l'informazione dei dati acquisiti, neutralizzando le anomalie particolari e contingenti dovute alla magnetizzazione delle rocce dei luoghi di misura e isolando tutti i disturbi di origine naturale e antropica.
Il punto di base è che, pur non conoscendo a priori il comportamento delle variazioni, in ogni caso le variazioni sismomagnetiche rilevate devono avere caratteristiche di direzione e di ampiezza dipendenti dal luogo della sorgente e dalla sua forza magnetica. Così se non è possibile risalire alla sorgente interpretando le variazioni rilevate, si deve almeno poterlo fare constatando quali fenomeni seguono un certo tipo di variazioni.
La soluzione, allora, si sposta dalla difficile o impossibile interpretazione "a priori", verso la più semplice e funzionale associazione "a posteriori" delle variazioni rilevate con i terremoti verificatisi. È sufficiente, quindi, aspettare che un terremoto si verifichi per associare le variazioni allo stato di stress della sua zona focale. Questa associazione, per gli stessi luoghi di rilevamento e per la stessa zona focale, rimarrà valida nel futuro per quei terremoti che si ripresenteranno nei medesimi luoghi (Regola della reiterazione dei rilevamenti e delle associazioni), dal momento che resteranno costanti tutte le anomalie crostali. Essa fornirà, quindi, l'opportunità di prevedere i terremoti in modo completo ogni volta che si presenteranno le medesime variazioni del campo geomagnetico. In particolare, per l'individuazione della sorgente, che corrisponde alla zona epicentrale del sisma imminente, va tenuto conto del verso delle variazioni rilevate da ciascun variometro (Configurazione delle variazioni); mentre per la determinazione della forza magnetica della sorgente, che è elemento indicativo della grandezza del sisma imminente, va tenuto conto soltanto dell'ampiezza globale delle variazioni registrate complessivamente con tutti i variometri (Grandezza della configurazione).
Se una configurazione viene rilevata e in seguito si verifica un terremoto, quella configurazione e la sua grandezza dovranno essere associate alla zona focale e alla magnitudo del terremoto verificatosi, altrimenti sarà costantemente indice di un fenomeno di disturbo. Infatti l'associazione tra configurazioni rilevate e terremoti verificatisi resterà valida in futuro, se non varieranno le modalità di rilevamento. Così, quando la stessa configurazione si ripresenterà, sarà possibile associarla in anticipo alla medesima zona focale, e la sua grandezza sarà indicativa della grandezza del sisma imminente, permettendone una previsione completa. Bisogna notare che questa tecnica della previsione è proprio di tipo deterministico, anche se richiede un periodo di tirocinio per poter funzionare, e non si tratta di una previsione di tipo probabilistico perché, una volta associata una configurazione a una zona focale, il ripetersi di quella stessa configurazione indicherà necessariamente un terremoto imminente di cui è conosciuta la zona epicentrale e la magnitudo.
Per rendere operativa la reiterazione dei rilevamenti, con la conseguente associazione delle configurazioni ai terremoti, i variometri dovranno essere mantenuti sempre nello stesso posto e i dati rilevati dovranno essere considerati validi solo per le zone focali cui si riferiscono (Costanza locale dei rilevamenti e dei riferimenti). Con questa regola, vengono a presentarsi come variabili soltanto i dati riguardanti le variazioni del campo geomagnetico e i terremoti, mentre si presentano come costanti le caratteristiche magnetiche e geologiche dei luoghi in cui sono collocati i rilevatori, della parte di litosfera interessata e delle zone focali. Così l'associazione tra configurazioni e terremoti, per gli stessi luoghi di rilevamento e per la stessa zona focale, resterà valida per il futuro.
Per semplificare il rilevamento e rendere funzionale l'informazione dei dati rilevati è sufficiente utilizzare un piccolo numero di variometri appositamente studiati. Essi dovranno essere situati nell'area da tenere sotto controllo e collocati secondo delle figure di disposizione (Figure di rilevamento), che costituiscono la base per l'acquisizione dei dati utili alla previsione.
Il numero dei rilevatori necessario dipende principalmente dalla quantità possibile delle configurazioni rilevabili complessivamente e solo subordinatamente dall'estensione dell'area sotto controllo. Per un rilevamento efficace delle variazioni di direzione devono, inoltre, essere prese in considerazione, contemporaneamente per ogni luogo, sia la declinazione che l'inclinazione magnetiche. In questo modo il numero dei rilevatori rimarrà sempre basso (in ogni caso, si è detto, non è possibile rilevare la mappa delle variazioni), perché anche pochi rilevatori consentiranno lo stesso di gestire un numero elevatissimo di configurazioni possibili.

Le tappe della previsione
Sono enunciabili alcune Leggi sulle caratteristiche delle variazioni sismomagnetiche nei loro rapporti con i terremoti:

  1. A parità di luoghi di rilevamento e di zona focale, l'ampiezza delle variazioni sismomagnetiche e l'ampiezza delle onde del sisma imminente dipendono entrambe dallo stress focale.
  2. A parità di luoghi di rilevamento e di stress focale, l'ampiezza delle variazioni sismomagnetiche e l'ampiezza delle onde del sisma imminente dipendono entrambe dal volume focale.
  3. A parità di altre condizioni, l'ampiezza delle variazioni sismomagnetiche e l'ampiezza delle onde del sisma imminente sono dipendenti dalla distanza della zona focale dai luoghi di rilevamento.
  4. I fattori di relazione dei punti 1, 2 e 3 variano secondo la zona interessata al fenomeno.
  5. Il verso della variazione di direzione del campo geomagnetico si mantiene costante relativamente alla medesima zona focale e al medesimo luogo di rilevamento.
  6. La relazione tra ampiezza della variazione e magnitudo del sisma imminente si mantiene costante relativamente alla medesima zona focale e al medesimo luogo di rilevamento.

Si tratta di leggi concettualmente evidenti, ma che richiedono un'adeguata conferma empirica.
Per quanto riguarda la zona epicentrale, si ricava che:

  1. la zona focale dove si originano le variazioni sismomagnetiche e i terremoti è individuata dalla configurazione delle variazioni complessive rilevate con ciascun variometro;
  2. ciascuna zona focale ha la propria configurazione corrispondente;
  3. configurazioni uguali corrispondono alla medesima zona focale;
  4. ciascuna zona focale corrisponde a una precisa zona epicentrale.


Per quanto riguarda la magnitudo, conoscendo la configurazione corrispondente a una determinata zona focale, si ricava che:

  1. la magnitudo dei differenti terremoti che si originano nella medesima zona è ricavabile dalla grandezza della configurazione delle variazioni sismomagnetiche;
  2. il rapporto tra due grandezze note di una medesima configurazione corrisponde al rapporto tra le magnitudo dei due terremoti ad esse relativi;
  3. a parità di configurazione e zona focale, è possibile stabilire una stessa legge di corrispondenza tra grandezza delle configurazioni e terremoti relativi.


A parità di altre condizioni, maggiori sono le variazioni sismomagnetiche, maggiore sarà la forza del sisma imminente e maggiori saranno anche gli effetti in superficie.

Informazioni di base della previsione
La previsione, in pratica, si basa sui seguenti tipi di informazione:

  1. INFORMAZIONE MAGNETICA, fornita dai variometri e resa significativa dalla configurazione e dalla sua grandezza.
  2. INFORMAZIONE SISMICA, fornita dagli osservatori sismici.

Il principio della previsione consiste nello stabilire il rapporto tra informazione magnetica e informazione sismica, secondo il seguente schema:

Non è necessario conoscere la legge esatta che regola il rapporto tra grandezza della configurazione e magnitudo del terremoto corrispondente. Una relazione approssimativa è comunque raggiungibile senza bisogno di una legge precisa, e saper già prevedere la magnitudo in termini di minore, uguale o maggiore rispetto a un terremoto conosciuto è già molto ai fini di una seria previsione deterministica appena iniziata.


Descrizione generale della macchina
La macchina per prevedere i terremoti è in grado di rilevare ininterrottamente le variazioni locali del campo magnetico terrestre nella zona dove viene collocata e di elaborare i dati ai fini della previsione. Essa è costituita da tre parti fondamentali:
1 - parte di rilevamento,
2 - parte di comunicazione,
3 - parte di elaborazione.

Parte di rilevamento
Le unità di rilevamento di cui la macchina è composta, e che servono per rilevare le variazioni locali del campo geomagnetico, sono costituite, ciascuna, da un variometro della declinazione e da un variometro dell'inclinazione.

Parte di comunicazione
Questa parte esplica fondamentalmente tre funzioni:

  1. ricevere i dati rilevati in continuazione dai variometri magnetici;
  2. fare giungere i dati raccolti alla parte di elaborazione;
  3. permettere lo scambio dei dati tra la parte di elaborazione e l'Utente.

Per registrare le informazioni rilevate con le unità di rilevamento e inviarle alla parte di elaborazione la macchina si serve di apposite unità periferiche di comunicazione (UPC), di uno o più eventuali ponti radio e di un'unità centrale di comunicazione. Quest'ultima (UCC) permette inoltre lo scambio dei dati tra la macchina e l'Utente.

Parte di elaborazione
Per elaborare i dati rilevati, ai fini di formulare la previsione, la macchina si serve di un'unità centrale di elaborazione (UCE), sostenuta da alcune periferiche e governata da un apposito software. L'UCE riceve dall'UCC sia i dati forniti regolarmente dalle unità periferiche, sia quelli inviati occasionalmente dall'Utente. A sua volta fornisce l'eventuale previsione elaborata.
L'elaborazione dei dati consiste essenzialmente di tre fasi:
FASE 1. L'UCE valuta i dati rilevati per isolare l'effetto sismomagnetico di primo grado. Ciò avviene se almeno due variometri, appartenenti a unità diverse di rilevamento, hanno registrato contemporaneamente una variazione della declinazione o della inclinazione superiore ai valori medi delle variazioni (valori di soglia) per quei variometri.
FASE 2. Quando viene isolato il suddetto effetto di primo grado, l'UCE passa ad analizzare i dati, stabilendo, oltre all'ampiezza, anche il verso delle variazioni, per individuare la configurazione rilevata e determinare la sua grandezza.
FASE 3. Dopo che la configurazione è stata individuata e determinata, l'UCE va alla ricerca in memoria di una configurazione uguale. Se questa viene trovata, allora l'unità di elaborazione assume la zona epicentrale del terremoto corrispondente alla configurazione uguale trovata in memoria come zona epicentrale del terremoto imminente, e determina la magnitudo del sisma imminente sulla base della relazione tra la grandezza della configurazione uguale trovata in memoria, che riguarda un terremoto di magnitudo nota, e la grandezza della configurazione appena rilevata. A questo punto l'effetto sismomagnetico è isolato al secondo grado e l'UCE può fornire all'Utente, tramite l'UCC, la previsione della zona epicentrale e della magnitudo del sisma imminente. Se però la configurazione appena rilevata non viene riconosciuta uguale a nessuna di quelle che sono in memoria, allora l'UCE l'associa a un terremoto imminente di cui sono ignote tutte le caratteristiche, limitandosi a fornire una previsione incompleta, con un isolamento di primo grado. Quando dall'Utente le giungeranno i dati di un terremoto effettivamente verificatosi entro il tempo stabilito (normalmente dieci giorni) dall'individuazione della configurazione, l'unità centrale di elaborazione provvederà a sostituire le caratteristiche ignote con quelle note, e avrà imparato a individuare la zona focale di altri futuri terremoti. Se dall'Utente non giungeranno i dati entro il tempo stabilito, la configurazione resterà in memoria come "configurazione di disturbo". Nel giro di pochi anni, l'UCE sarà in grado di fornire previsioni complete per tutti i terremoti i cui effetti si fanno in qualche modo sentire nell'area tenuta sotto controllo, e riuscirà a isolare le variazioni corrispondenti a qualunque disturbo, anche quelli generalizzati dovuti all'attività solare e ionosferica.

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Fine del Capitolo I
© Copyright 1990-1997 by Enrico Barsanti



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