Enrico Barsanti
Capitolo I
PRESENTAZIONE
La possibilità di prevedere i terremoti, in modo deterministico
e in tempi utili, è attualmente limitata alla sola individuazione
dei precursori, cioè di quei fenomeni che sono connessi direttamente
alle cause immediate dei terremoti. Ad esempio, lo sforzo a cui sono sottoposte
le rocce, prima che si verifichi una scarica sismica, provoca in esse alterazioni
delle proprietà fisiche che, se opportunamente individuate, costituiscono
dei precursori a breve termine.
Tra queste alterazioni sono molto importanti e significative quelle elettriche
e magnetiche perché, per gli effetti che producono sul campo magnetico
terrestre, possono consentire l'elaborazione di una previsione non solo utile
in termini di tempo, ma anche sicura e completa, in dipendenza dallo stato
della tecnica raggiunto in questo settore.
Il presente lavoro tratta di un metodo e di una macchina (brevettata) che
lo applica integralmente.
Il metodo è basato sulle variazioni del campo magnetico terrestre
che sono in relazione con i terremoti, e riguarda principalmente il modo
di rilevamento e di interpretazione di tali variazioni, volendo risolvere
i seguenti problemi:
La macchina, che può funzionare in modo automatico e che è
in grado di imparare, concretizza il metodo e lo rende attuabile, avendo
lo scopo di fornire valide previsioni dei terremoti e di superare
difficoltà di rilevamento e interpretazione dei dati ritenute finora
irrisolvibili. Essa è costituita da tre parti generali:
Nel lavoro si trovano anche argomenti riguardanti:
Le ricerche sui fenomeni geomagnetici per la previsione dei terremoti
(soprattutto giapponesi, iniziate verso la metà degli anni Sessanta)
non hanno dato finora esiti soddisfacenti. Dalla letteratura disponibile
(Rikitake, 1976, 1981, 1982, 1987 - Johnston e Mueller, 1987), risultano
però evidenti, a mio avviso, i caratteri di incompiutezza dei
suddetti studi ed esperimenti, sia per il tipo di strumenti utilizzati nel
rilevamento dei dati, sia per gli elementi del campo geomagnetico scelti
nel monitoraggio, sia per la discontinuità spaziale e/o temporale
dei rilevamenti, sia per il numero di magnetometri utilizzati, sia per il
modo con cui i dati raccolti sono stati interpretati. Dagli studi fatti
in Giappone e negli Stati Uniti d'America, comunque, pur essendo emerse molte
difficoltà, non sono però stati dedotti dei risultati definitivi
tali da escludere ulteriori ricerche.
Il metodo esposto in questo lavoro presenta contenuti nuovi e originali che,
una volta confermati su più ampia scala, potrebbero contribuire in
modo significativo alle ricerche sulla previsione dei terremoti. Le
novità salienti consistono nel rilevamento diretto di componenti
non rilevate con monitoraggio continuo nelle ricerche fatte finora,
utilizzando appositi strumenti, e nella rinuncia a una qualsiasi
interpretazione "umana" e "razionale" delle variazioni rilevate a favore
di un procedimento automatico e "a posteriori" di associazione dei dati con
i fenomeni correlati, che le più moderne tecnologie informatiche
consentono a costi, relativamente, molto bassi.
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Lo stato delle ricerche
Tra le linee seguite nelle ricerche sulla previsione dei terremoti vi
sono:
Di tutte, la più vicina a una previsione deterministica è lo
studio dei precursori, ma un precursore valido e attendibile dovrebbe sempre
manifestarsi prima dei terremoti, in modo apprezzabile e in tempo utile per
predisporre misure d'emergenza. Inoltre dovrebbe avere caratteristiche tali
da essere distinto dai disturbi e da fornire informazioni specifiche sul
terremoto imminente.
Tra i precursori, ci sono anche le variazioni geomagnetiche, la cui scoperta
in relazione ai terremoti risale ad alcuni secoli fa. Una spiegazione scientifica
di questo precursore è stata fornita solo negli anni Cinquanta, quando
il fenomeno fu associato alle proprietà piezomagnetiche delle rocce,
ma serie difficoltà si sono incontrate soprattutto nel distinguere
le variazioni legate all'attività sismica dai disturbi di origine
naturale e umana (rumore di fondo). Così, mentre ancora si discute
sulla validità di questo precursore, non vengono neppure intraviste
le sue variabili interpretative e/o associative ai fini di una previsione
valida, che dovrebbe indicare un arco di tempo utile e dovrebbe essere sicura
e completa, cioè con indicazioni attendibili sulla zona epicentrale
e la magnitudo del sisma.
Rocce e terremoti
Le rocce, sotto le spinte tettoniche, riescono a deformarsi fino a un certo
punto, avendo una limitata elasticità, quindi si rompono (zona focale),
provocando quelle piccolissime, ma temute, vibrazioni della crosta terrestre
che sono i terremoti.
La quantità di energia sismica che un terremoto può sprigionare
dipende dalla quantità di energia di deformazione accumulata in zona
focale. Maggiori sono lo stress e il volume focali, maggiore è l'energia
accumulata e, quindi, maggiore sarà, a parità di altre condizioni,
la grandezza del terremoto al momento di rottura.
La natura geologica delle rocce e la loro conformazione si presentano come
parametri fondamentali nel rapporto tra energia accumulata, da una parte,
e stress e volume focali, dall'altra, con le relative conseguenze sulla forza
di un terremoto. Anche la propagazione delle onde sismiche risente del tipo
e della conformazione delle rocce attraversate e, in base alla natura geologica
dei luoghi raggiunti, esse si manifestano con maggiore o minore ampiezza
e accelerazione.
Il fatto che la forza di un terremoto si manifesti in modo dipendente dalla
natura geologica dei luoghi, rende più complessa la determinazione
esatta della sua forza e degli effetti che esso può provocare sulle
abitazioni e le costruzioni in genere. Grazie, però, ad alcuni
accorgimenti e convenzioni, i sismologi riescono abbastanza bene a determinare
la magnitudo di un terremoto e a farsi un'idea della quantità di energia
sismica liberata.
Non senza difficoltà è anche l'individuazione dell'epicentro,
ma, ai fini della sismologia e anche della previsione, ciò che conta
veramente è individuare la zona focale (ipocentro, in senso lato)
e considerare a diversa condizione di rischio le varie località
sovrastanti (zona epicentrale). Molte aree sismiche del mondo, infatti, sono
state suddivise in zone a differente rischio, anche se ugualmente interessate
dall'attività della medesima zona focale.
Rocce e magnetismo
Sottoponendo una roccia qualsiasi a un campo magnetico, essa reagisce a seconda
della quantità, del tipo e della distribuzione dei minerali che la
compongono.
Il parametro fondamentale di magnetizzazione si chiama "suscettività".
Tanto maggiore è questo parametro, tanto maggiore è la
magnetizzazione, a parità di forza del campo magnetizzante. La
suscettività determina altresì il grado di permeabilità
di una sostanza, cioè la sua capacità di essere attraversata
dal magnetismo, e quindi di acquisire una magnetizzazione indotta.
Le rocce sottoposte a variazioni di pressione possono generare dei campi
magnetici apprezzabili a causa dell'azione meccanica sui dipoli elementari
o dell'aumento della suscettività in presenza di un campo magnetizzante
come quello geomagnetico. La magnetizzazione diminuisce nella direzione della
compressione, mentre aumenta nella direzione perpendicolare a quella della
compressione (Anisotropia magnetica).
È stato constatato empiricamente che esiste una corrispondenza tra
variazioni geomagnetiche e fenomeni di dilatanza delle rocce dovuti alle
forze tettoniche. Questo tipo di variazioni, che Nagata (1969) chiamò
tettonomagnetiche, è ampiamente indicativo della relazione esistente
tra variazioni del campo geomagnetico, effetto piezomagnetico e stress delle
rocce. Il tettonomagnetismo, però, è un insieme di fenomeni
generali, non legati necessariamente all'attività sismica. Essi rientrano,
il più delle volte, in quei tipi di precursori a lenta evoluzione
che non sono utili ai fini di una previsione valida dei terremoti.
Un'altra cosa, invece, è quando le rocce si stanno per frantumare
prima del terremoto e gli atomi che le compongono subiscono gravi alterazioni
del loro stato elettromagnetico, favorendo schemi di saturazione, insoliti
alle normali pressioni e temperature, che producono variazioni di magnetizzazione
di maggior consistenza di quelle dovute al più generale effetto
tettonomagnetico. Questa particolarità del tettonomagnetismo prende
il nome di sismomagnetismo. A parità di altre condizioni, maggiori
sono lo stress e il volume focali, maggiori sono le variazioni sismomagnetiche
che si vengono a determinare.
Il campo geomagnetico e le sue variazioni
Un campo magnetico è rappresentabile visivamente con linee di forza
a cui è di regola abbinato un vettore. L'unità di misura per
l'intensità dei campi magnetici, nel Sistema Internazionale (SI),
è il tesla. La declinazione e l'inclinazione si misurano in gradi
sessagesimali. Il campo totale F si può scomporre in una componente
orizzontale H e in una componente verticale Z. L'inclinazione I, allora,
è l'angolo tra F e H, e la declinazione D è l'angolo tra H
e il meridiano geografico.
Un tempo la declinazione magnetica si misurava esclusivamente con la bussola
di declinazione, l'inclinazione con la bussola di inclinazione e
l'intensità si misurava, per lo più indirettamente, determinando
la sua componente orizzontale e quella verticale. A partire dagli anni Sessanta,
però, negli osservatori magnetici vengono comunemente usati strumenti
che misurano direttamente l'intensità assoluta, che è un valore
scalare.
Le variazioni del campo geomagnetico, che possiamo rilevare sulla superficie
terrestre, sono di due tipi fondamentali:
Tra le variazioni proprie del campo primario vi è lo spostamento lento
e regolare dei poli magnetici e geomagnetici in lassi di tempo piuttosto
lunghi (variazioni secolari).
Tra le variazioni geomagnetiche naturali, estranee al campo primario, si
annoverano le anomalie crostali e le perturbazioni magnetiche. Le prime variano,
per così dire, secondo lo spazio, e le loro cause sono da attribuirsi
alla magnetizzazione delle rocce dei luoghi dove vengono rilevate. Le seconde
(cioè le perturbazioni) variano, invece, in base al tempo e riguardano
un po' tutta la superficie terrestre. Esse sono sostanzialmente regolari
e periodiche, e possono considerarsi in modo indipendente dalla località
in cui vengono rilevate. Le loro cause si trovano nella rotazione propria
del Sole, nel campo magnetico "galattico", nelle perturbazioni di elettroni
e ioni provenienti dal Sole (tempeste magnetiche), ecc.
Indipendentemente dalle loro cause, le caratteristiche delle variazioni del
campo magnetico terrestre, in ogni luogo di rilevamento, riguardano il verso
della variazione di direzione, l'ampiezza angolare della variazione di direzione
e l'ampiezza della variazione d'intensità totale (o delle componenti
orizzontale e verticale).
Variazioni sismomagnetiche
Le variazioni del campo magnetico terrestre legate a un sisma imminente sono
di origine estranea al campo primario e si differenziano dalle altre fonti
naturali di variazioni per possedere, contemporaneamente, la caratteristica
di essere limitate sia nello spazio che nel tempo. Pur essendo anch'esse
di origine crostale, si distinguono dalle anomalie crostali per la loro limitata
presenza temporale, e si distinguono dalle perturbazioni magnetiche
per la loro limitata estensione territoriale. In linea teorica, quindi, non
ci dovrebbero essere problemi per l'individuazione delle variazioni
sismomagnetiche. Da quando, però, si è diffuso il magnetometro
a precessione protonica, il monitoraggio continuo del campo geomagnetico
viene fatto sui valori dell'intensità totale, che non possono rilevare
bene le anomalie magnetiche quando i campi magnetici sono normali al campo
ambientale, condizione questa che si verifica anche quando si misurano le
variazioni sismomagnetiche in zona epicentrale.
Come i terremoti dipendono nella loro origine dallo stato di stress delle
rocce e come la propagazione delle onde sismiche subisce alterazioni dalla
natura geologica e dalla consistenza del mezzo attraversato, così
anche le variazioni sismomagnetiche dipendono dallo stress delle rocce e
subiscono alterazioni dalla suscettività e permeabilità magnetiche
dei luoghi in cui vengono rilevate. Le rocce, quindi, costituiscono
il trattino d'unione nel legame tra terremoti e variazioni sismomagnetiche.
Come si possono prevedere i terremoti
Le associazioni che in passato sono state notate tra variazioni geomagnetiche
e terremoti non erano peregrine. I terremoti, almeno quelli più frequenti
e disastrosi, cioè di origine tettonica, sono sempre preceduti da
variazioni locali e temporanee del campo magnetico terrestre. Infatti,
all'approssimarsi del momento complessivo di rottura che dà origine
alla scarica sismica, dovuto al forte stato di pressione e di stiramento
delle masse rocciose, si determina in zona focale un'alterazione dello stato
elettromagnetico delle rocce interessate, con la conseguente variazione locale
del campo magnetico terrestre (variazioni sismomagnetiche).
Le variazioni sismomagnetiche permetterebbero, quindi, se opportunamente
rilevate, una previsione utile, perché si originano all'approssimarsi
del momento di rottura delle masse rocciose che genera il terremoto, con
un'anticipazione che può variare generalmente da uno a dieci giorni,
e permetterebbero anche una previsione sicura perché sono legate in
modo necessario ai terremoti e si presentano con caratteristiche che sono
esclusive di tale legame. Inoltre, le variazioni sismomagnetiche consentirebbero
una previsione completa perché, a parità di altre condizioni,
la direzione delle linee di forza del campo, rilevate in più luoghi,
forniscono le indicazioni necessarie e sufficienti per l'individuazione
della zona epicentrale del sisma imminente e per la determinazione della
sua magnitudo. Infatti, la zona epicentrale di un terremoto imminente corrisponde
alla zona centrale della parte di superficie terrestre dove si verificano
le variazioni sismomagnetiche e la magnitudo di un terremoto imminente,
relativamente alla stessa zona epicentrale e alla medesima area di rilevamento,
è in stretta relazione con l'ampiezza delle variazioni rilevate.
Tecnica della previsione
Quanto sopra vale in linea teorica, perché occorre risolvere ancora
il problema tecnico di come rilevare, continuamente e contemporaneamente
in più luoghi, le variazioni di un'intera area e di come interpretare
le variazioni rilevate ai fini dell'individuazione della zona epicentrale
e della determinazione della magnitudo del sisma imminente.
Per quanto riguarda il problema del rilevamento continuo, la soluzione non
sarebbe difficile e basterebbe utilizzare una rete di rilevatori automatici,
collegati tramite radio o linee telefoniche a un apposito centro di elaborazione
dei dati.
Per quanto riguarda, invece, il complesso rapporto tra la magnetizzazione
delle rocce e le variazioni sismomagnetiche, sorgono difficoltà a
causa della diversa suscettività magnetica delle varie rocce, che
non permette di inferire alcuna mappa delle linee di forza complessive. Allo
stato attuale della ricerca non si conoscono le caratteristiche delle variazioni
sismomagnetiche nelle numerose zone sismiche della Terra e, anche se i dati
sulle variazioni sismomagnetiche fossero noti per una particolare zona sismica,
non si potrebbero applicare ad altre zone. Infine, anche se tutti i dati
utili fossero conosciuti per tutta la Terra sorgerebbero lo stesso
difficoltà interpretative, perché una caratteristica delle
anomalie crostali è proprio quella di presentare una lettura dei dati
diversa da quella che ci saremmo aspettati.
La soluzione dell'adeguato rilevamento delle variazioni sismomagnetiche risiede,
allora, in un modo opportuno di raccolta dei dati e di lettura dei variometri
che, nello stesso tempo, semplifichi la loro collocazione e permetta di rendere
funzionale l'informazione dei dati acquisiti, neutralizzando le anomalie
particolari e contingenti dovute alla magnetizzazione delle rocce dei luoghi
di misura e isolando tutti i disturbi di origine naturale e antropica.
Il punto di base è che, pur non conoscendo a priori il comportamento
delle variazioni, in ogni caso le variazioni sismomagnetiche rilevate devono
avere caratteristiche di direzione e di ampiezza dipendenti dal luogo della
sorgente e dalla sua forza magnetica. Così se non è possibile
risalire alla sorgente interpretando le variazioni rilevate, si deve almeno
poterlo fare constatando quali fenomeni seguono un certo tipo di variazioni.
La soluzione, allora, si sposta dalla difficile o impossibile interpretazione
"a priori", verso la più semplice e funzionale associazione "a posteriori"
delle variazioni rilevate con i terremoti verificatisi. È sufficiente,
quindi, aspettare che un terremoto si verifichi per associare le variazioni
allo stato di stress della sua zona focale. Questa associazione, per gli
stessi luoghi di rilevamento e per la stessa zona focale, rimarrà
valida nel futuro per quei terremoti che si ripresenteranno nei medesimi
luoghi (Regola della reiterazione dei rilevamenti e delle associazioni),
dal momento che resteranno costanti tutte le anomalie crostali. Essa
fornirà, quindi, l'opportunità di prevedere i terremoti in
modo completo ogni volta che si presenteranno le medesime variazioni del
campo geomagnetico. In particolare, per l'individuazione della sorgente,
che corrisponde alla zona epicentrale del sisma imminente, va tenuto conto
del verso delle variazioni rilevate da ciascun variometro (Configurazione
delle variazioni); mentre per la determinazione della forza magnetica
della sorgente, che è elemento indicativo della grandezza del sisma
imminente, va tenuto conto soltanto dell'ampiezza globale delle variazioni
registrate complessivamente con tutti i variometri (Grandezza della
configurazione).
Se una configurazione viene rilevata e in seguito si verifica un terremoto,
quella configurazione e la sua grandezza dovranno essere associate alla zona
focale e alla magnitudo del terremoto verificatosi, altrimenti sarà
costantemente indice di un fenomeno di disturbo. Infatti l'associazione tra
configurazioni rilevate e terremoti verificatisi resterà valida in
futuro, se non varieranno le modalità di rilevamento. Così,
quando la stessa configurazione si ripresenterà, sarà possibile
associarla in anticipo alla medesima zona focale, e la sua grandezza sarà
indicativa della grandezza del sisma imminente, permettendone una previsione
completa. Bisogna notare che questa tecnica della previsione è proprio
di tipo deterministico, anche se richiede un periodo di tirocinio per poter
funzionare, e non si tratta di una previsione di tipo probabilistico
perché, una volta associata una configurazione a una zona focale,
il ripetersi di quella stessa configurazione indicherà necessariamente
un terremoto imminente di cui è conosciuta la zona epicentrale e la
magnitudo.
Per rendere operativa la reiterazione dei rilevamenti, con la conseguente
associazione delle configurazioni ai terremoti, i variometri dovranno essere
mantenuti sempre nello stesso posto e i dati rilevati dovranno essere considerati
validi solo per le zone focali cui si riferiscono (Costanza locale dei
rilevamenti e dei riferimenti). Con questa regola, vengono a presentarsi
come variabili soltanto i dati riguardanti le variazioni del campo geomagnetico
e i terremoti, mentre si presentano come costanti le caratteristiche magnetiche
e geologiche dei luoghi in cui sono collocati i rilevatori, della parte di
litosfera interessata e delle zone focali. Così l'associazione tra
configurazioni e terremoti, per gli stessi luoghi di rilevamento e per la
stessa zona focale, resterà valida per il futuro.
Per semplificare il rilevamento e rendere funzionale l'informazione dei dati
rilevati è sufficiente utilizzare un piccolo numero di variometri
appositamente studiati. Essi dovranno essere situati nell'area da tenere
sotto controllo e collocati secondo delle figure di disposizione (Figure
di rilevamento), che costituiscono la base per l'acquisizione dei dati
utili alla previsione.
Il numero dei rilevatori necessario dipende principalmente dalla
quantità possibile delle configurazioni rilevabili complessivamente
e solo subordinatamente dall'estensione dell'area sotto controllo. Per un
rilevamento efficace delle variazioni di direzione devono, inoltre, essere
prese in considerazione, contemporaneamente per ogni luogo, sia la declinazione
che l'inclinazione magnetiche. In questo modo il numero dei rilevatori
rimarrà sempre basso (in ogni caso, si è detto, non è
possibile rilevare la mappa delle variazioni), perché anche pochi
rilevatori consentiranno lo stesso di gestire un numero elevatissimo di
configurazioni possibili.
Le tappe della previsione
Sono enunciabili alcune Leggi sulle caratteristiche delle variazioni
sismomagnetiche nei loro rapporti con i terremoti:
Si tratta di leggi concettualmente evidenti, ma che richiedono un'adeguata
conferma empirica.
Per quanto riguarda la zona epicentrale, si ricava che:
Per quanto riguarda la magnitudo, conoscendo la configurazione
corrispondente a una determinata zona focale, si ricava che:
A parità di altre condizioni, maggiori sono le variazioni
sismomagnetiche, maggiore sarà la forza del sisma imminente e maggiori
saranno anche gli effetti in superficie.
Informazioni di base della previsione
La previsione, in pratica, si basa sui seguenti tipi di informazione:
Il principio della previsione consiste nello stabilire il rapporto tra informazione magnetica e informazione sismica, secondo il seguente schema:
Non è necessario conoscere la legge esatta che regola il rapporto tra grandezza della configurazione e magnitudo del terremoto corrispondente. Una relazione approssimativa è comunque raggiungibile senza bisogno di una legge precisa, e saper già prevedere la magnitudo in termini di minore, uguale o maggiore rispetto a un terremoto conosciuto è già molto ai fini di una seria previsione deterministica appena iniziata.
Descrizione generale della macchina
La macchina per prevedere i terremoti è in grado di rilevare
ininterrottamente le variazioni locali del campo magnetico terrestre nella
zona dove viene collocata e di elaborare i dati ai fini della previsione.
Essa è costituita da tre parti fondamentali:
1 - parte di rilevamento,
2 - parte di comunicazione,
3 - parte di elaborazione.
Parte di rilevamento
Le unità di rilevamento di cui la macchina è composta, e che
servono per rilevare le variazioni locali del campo geomagnetico, sono
costituite, ciascuna, da un variometro della declinazione e da un variometro
dell'inclinazione.
Parte di comunicazione
Questa parte esplica fondamentalmente tre funzioni:
Per registrare le informazioni rilevate con le unità di rilevamento
e inviarle alla parte di elaborazione la macchina si serve di apposite
unità periferiche di comunicazione (UPC), di uno o più eventuali
ponti radio e di un'unità centrale di comunicazione. Quest'ultima
(UCC) permette inoltre lo scambio dei dati tra la macchina e l'Utente.
Parte di elaborazione
Per elaborare i dati rilevati, ai fini di formulare la previsione, la macchina
si serve di un'unità centrale di elaborazione (UCE), sostenuta da
alcune periferiche e governata da un apposito software. L'UCE riceve dall'UCC
sia i dati forniti regolarmente dalle unità periferiche, sia quelli
inviati occasionalmente dall'Utente. A sua volta fornisce l'eventuale previsione
elaborata.
L'elaborazione dei dati consiste essenzialmente di tre fasi:
FASE 1. L'UCE valuta i dati rilevati per isolare l'effetto sismomagnetico
di primo grado. Ciò avviene se almeno due variometri, appartenenti
a unità diverse di rilevamento, hanno registrato contemporaneamente
una variazione della declinazione o della inclinazione superiore ai valori
medi delle variazioni (valori di soglia) per quei variometri.
FASE 2. Quando viene isolato il suddetto effetto di primo grado, l'UCE passa
ad analizzare i dati, stabilendo, oltre all'ampiezza, anche il verso delle
variazioni, per individuare la configurazione rilevata e determinare la sua
grandezza.
FASE 3. Dopo che la configurazione è stata individuata e determinata,
l'UCE va alla ricerca in memoria di una configurazione uguale. Se questa
viene trovata, allora l'unità di elaborazione assume la zona epicentrale
del terremoto corrispondente alla configurazione uguale trovata in memoria
come zona epicentrale del terremoto imminente, e determina la magnitudo del
sisma imminente sulla base della relazione tra la grandezza della configurazione
uguale trovata in memoria, che riguarda un terremoto di magnitudo nota, e
la grandezza della configurazione appena rilevata. A questo punto l'effetto
sismomagnetico è isolato al secondo grado e l'UCE può fornire
all'Utente, tramite l'UCC, la previsione della zona epicentrale e della magnitudo
del sisma imminente. Se però la configurazione appena rilevata non
viene riconosciuta uguale a nessuna di quelle che sono in memoria, allora
l'UCE l'associa a un terremoto imminente di cui sono ignote tutte le
caratteristiche, limitandosi a fornire una previsione incompleta, con un
isolamento di primo grado. Quando dall'Utente le giungeranno i dati di un
terremoto effettivamente verificatosi entro il tempo stabilito (normalmente
dieci giorni) dall'individuazione della configurazione, l'unità centrale
di elaborazione provvederà a sostituire le caratteristiche ignote
con quelle note, e avrà imparato a individuare la zona focale di altri
futuri terremoti. Se dall'Utente non giungeranno i dati entro il tempo stabilito,
la configurazione resterà in memoria come "configurazione di disturbo".
Nel giro di pochi anni, l'UCE sarà in grado di fornire previsioni
complete per tutti i terremoti i cui effetti si fanno in qualche modo sentire
nell'area tenuta sotto controllo, e riuscirà a isolare le variazioni
corrispondenti a qualunque disturbo, anche quelli generalizzati dovuti
all'attività solare e ionosferica.